giovedì 14 gennaio 2010

In edicola Alan Ford Story #11

Riceviamo e pubblichiamo:

In edicola con Panorama e Tv Sorrisi e Canzoni

ALAN FORD STORY n.11!

CONTIENE:

Alan Ford #21: Bombafobia

Una banda di dinamitardi sta seminando il panico a New York. Le bombe esplodono dovunque e il Gruppo TNT deve fermare i terroristi... senza farsene terrorizzare!


Alan Ford #22: #22) La paura fa novanta

Il castello di Cantertown, in Scozia, è infestato da un misterioso fantasma. La missione di Alan Ford e soci? Scoprire se si tratta di un vero spettro o di un semplice imbroglio!

BOMBA O NON BOMBA: di Moreno Burattini

È il 1973 quando Fabrizio De André pubblica l’album “Storia di un impiegato”, perfetto specchio dei tempi, contenente la canzone “Il bombarolo”. Canzone che comincia così: “Chi va dicendo in giro / che odio il mio lavoro / non sa con quanto amore / mi dedico al tritolo”. Ed è di due anni prima (per la precisione, del febbraio 1971) l’uscita in edicola di “Bombafobia”, il ventunesimo albo di Alan Ford, che con altrettanta puntualità fotografa la realtà dell’epoca. Anni indubbiamente difficili. Tuttavia, sarebbe uno sbaglio immaginare che l’ondata di attentati dinamitardi messa in scena da Max Bunker faccia esclusivamente riferimento alle bombe esplose in Italia nei mesi precedenti alla sua sceneggiatura. Le esplosioni, indubbiamente, c’erano state. Il 25 aprile del 1969 un ordigno scoppiò nello stand della Fiat alla Fiera Campionaria di Milano, provocando sei feriti, mentre un secondo venne ritrovato inesploso alla Stazione Centrale. Nell’agosto dello stesso anno deflagrarono ben otto bombe su diversi treni in varie parti d’Italia, provocando dodici feriti. Ben più tragico il bilancio della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre, sempre a Milano, quando un’esplosione in una banca causò la morte di diciassette persone e il ferimento di altre ottantotto. Una seconda bomba venne disinnescata nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala. Una terza invece scoppiò a Roma nello stesso giorno in un sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro, facendo tredici feriti. Altre due cariche esplosive deflagrarono davanti all'Altare della Patria e all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, facendo quattro feriti. Il 22 luglio 1970 un ordigno fece deragliare un treno a Gioia Tauro (sei morti, cinquanta feriti). Nella maggior parte dei casi, le indagini batterono inizialmente la pista anarchica: soltanto alla fine del 1972 si cominciò parlare di terrorismo nero per Piazza Fontana. Del resto, gli anarchici già da molto tempo erano vittima di pregiudizi, dovuti all’ondata di attentati (assassini politici e atti dinamitardi) compiuti fra Ottocento e Novecento, e proseguiti in America durante gli anni Venti del secolo scorso: a fare le spese del clima di terrore furono il pugliese Nicola Sacco e il piemontese Bartolomeo Vanzetti, arrestati negli Stati Uniti nel 1920 con la falsa accusa di aver commesso una sanguinosa rapina e giustiziati sette anni dopo. Dunque, la “bombafobia” non nasce con Piazza Fontana, ha radici più antiche. Del resto, la paura delle bombe, negli anni Cinquanta e Sessanta, prima che gli anarchici o i neofascisti, riguardava i dinamitardi sudtirolesi, che rivendicavano l’autonomia per l’etnia di lingua tedesca. Il 20 settembre 1956 ci fu il primo attentato in Alto Adige, con l’abbattimento di un traliccio a Settequerce, vicino a Bolzano. Nel periodo caldo del terrorismo altoatesino, tra il 1956 e il 1966, vi furono oltre trecento attentati a centrali elettriche, linee dell'alta tensione, stazioni ferroviarie. Nel 1961 si contarono trentasette attentati in quella che fu chiamata la “notte dei fuochi”, fra l’11 e il 12 luglio 1961, con bombe anche a Roma, Genova e Milano. A fare da bersaglio, a un certo punto, non furono solo le infrastrutture: a partire dal 1964 vennero prese di mira le forze di polizia, e nove agenti, tra carabinieri, guardie di frontiera e finanzieri, vennero uccisi. Anche in questo caso, resta una traccia in una canzone: con “Brennero 66” (dall'album d'esordio "Per quelli come noi") i Pooh vinsero il Festival delle Rose, ma il testo, giudicato troppo “politico”, fu censurato dalla Rai, che impose un titolo diverso ("Le campane del silenzio"). Solo nel 1971 la situazione si sbloccò con l'approvazione da parte del parlamento italiano di un pacchetto di provvedimenti che accoglieva molte delle richieste dei sudtirolesi. Ma non c’erano soltanto le bombe piazzate da gruppi eversivi o ideologici a far paura. C’erano anche i “solisti”. Il primo bombarolo di questo tipo noto alle cronache fu George Metesky, meglio noto come Mad Bomber, attivo tra il 1940 e il 1956, che mise in atto ben trentasette attentati esplosivi a New York, tempestando i principali quotidiani di messaggi rabbiosi contro la “società capitalistica”. I bombaroli di “Bombafobia” appartengono invece a una specie di setta il cui scopo è “seminare panico e terrore”: gli adepti portano al collo una medaglia con l’effige di una bomba H. Si tratta di un chiaro riferimento alla proliferazione delle armi nucleari nella Guerra Fredda in atto in quegli anni tra il blocco americano e il blocco sovietico

Autori Max Bunker, Magnus / Pagine 256 / Formato 14x21 cm, Cartonato, B&N / Cura editoriale Magic Press / Grafica della copertina Marco Pennisi / Grafica interna MP Studio / Euro 7,90

Luca Ippoliti
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